Quando mia madre ci dava da mangiare il pane, distribuiva amore!”
È da questa frase del maestro Joel Robuchon, che Marcello Meloni, chef e co-fondatore del locale “Bel Andi” di Torino, vuole iniziare a raccontare la sua cucina, la sua tradizione e le sue origini dell’estremo ponente ligure.
Quel linguaggio culinario e d’amore che si respirava e si masticava in famiglia è sempre stata una fortunata condizione che mi ritrovavo a vivere in casa. Abbiamo sempre mangiato in maniera eccezionale, non muovendoci da casa. Mia madre preparava per noi piatti anche semplicissimi, ma con una qualità e cura che ancora mi ispira.
Da dove nasce l’idea di aprire Bel Andi?
L’idea di aprire un locale a Torino, dato che io sono di Imperia, è nata come una sfida: aprire in una grande città come questa. Torino però non è solo una grande città, ma è anche un posto dai mille colori, dove la varietà di locali è altissima, le proposte sono infinite e per me era uno stimolo per mettermi alla prova e per scoprire anche altri locali.
Marcello, puoi dirci di più sulla tua eredità culinaria e come influisce sulla cucina del "Bel Andi"?
Da “Bel Andi” si mangia principalmente pesce, date le nostre origini, ma abbiamo anche una radice nel sud della Sardegna, dove in realtà, c'è una forte preferenza per il cibo di terra. Tuttavia, ho sempre avuto un debole per il pesce e la cucina di mare, più tipica della Liguria, dalla parte di ponente, che si differenzia rispetto a quella genovese, per la sua sincerità e “brutalità”. Nel senso che è una cucina molto meno elaborata e più diretta, senza tanti se e tanti ma.
Mi piace mettere nel piatto pochi ingredienti, ma che combinati fra loro, fanno diventare il piatto indimenticabile.
E poi diversi cibi in Liguria sono già, come direbbero in Giappone, “Umami”. Hanno al loro interno caratteristiche di tanti cibi diversi, che si mischiano in un insieme molto armonico. Un esempio su tutti, la “Pissalandrea”. L'impasto base, neutro, che serve come tela su cui dipingiamo con sapori audaci e contrastanti: il sugo di pomodoro acidulo, la dolcezza delle cipolle caramellate, le olive taggiasche, leggermente amare e le acciughe sotto sale. È un equilibrio di acido, dolce, amaro e sapido che rappresenta il cuore della nostra cucina. E poi la presenza dell'aglio rimane un aspetto distintivo, che non dovrebbe essere completamente abbandonato.
Avete recentemente cambiato il sistema di erogazione dell'acqua al "Bel Andi". Ci puoi dire di più su questa scelta?
Noi prima avevamo un erogatore di un’altra marca, che ci siamo accorti troppo tardi che era deludente per quello che offriva e per il prezzo che chiedeva. Quello che mi ha colpito di Hydra è la sua qualità-prezzo, nel senso che la qualità dell'acqua è altissima e la utilizzo non solo per bere ma anche in cucina, per esempio negli impasti. Qui a Torino c’è un’acqua molto dura e questa presenza calcarea forte, ti uccide un po’ il lievito.
Con Hydra l’impasto rende di più, lievita più velocemente e ne migliora il gusto.
Inoltre leggendo il contratto proposto da Hydra, ci siamo accorti che venivano offerti più servizi, più controlli periodici e più assistenza, oltre alle bottiglie serigrafate che prima non avevamo. Insomma, ci siamo accorti di aver buttato un sacco di soldi, per un servizio scadente.
Come contribuisce un ristorante come "Bel Andi" alla protezione dell'ambiente?
Tante cose in questo locale sono improntate per il rispetto dell’ambiente. Utilizziamo materiali riciclati per i nostri menù e per le tovaglie, il cartaceo per i menu non li utilizziamo più, utilizziamo il qr code e ci impegniamo a ridurre l'uso di plastica e vetro. L'adozione di erogatori d'acqua come Hydra e il riutilizzo delle bottiglie di vetro è un altro passo verso la riduzione dell'impatto ambientale.
Quali sono i cambiamenti che hai notato nel settore della ristorazione in termini di sostenibilità?
Negli anni, ho visto una crescita nella consapevolezza ambientale nel settore. Dall'uso più efficiente dei materiali al riciclaggio, credo che ci stiamo evolvendo verso una ristorazione più sostenibile. È una cultura che stiamo adottando, influenzati soprattutto dalle nuove generazioni di cuochi, e trovo che sia una cosa fantastica.
Marcello, qual è il piatto più rappresentativo del tuo ristorante?
Un piatto che rappresenta la nostra filosofia è fatto con soli tre ingredienti, che riflettono le radici liguri del "Bel Andi". È un piatto che esemplifica la nostra visione: semplicità, qualità e un tocco di creatività.
Un classico ligure, ponentino, che combina baccalà, patate e olio extra-vergine d’oliva ed il suo nome è Brandacujun. Questo piatto è una celebrazione della semplicità e della purezza dei sapori.
Brandacujun è un piatto estremamente semplice, dato che veniva addirittura preparato sui pescherecci. Il suo nome è esplicativo: “brandare”, quindi mescolare sui “cujun” (che si, sono proprio quelli), al mozzo della barca in mare aperto, durante una pausa di pesca. Un piatto caldo, utile per dare un forte apporto proteico e di grassi grazie all’olio, con le patate che riempivano la pancia.
Consiglio di comporre la ricetta con il 50% di patate e 50% di baccalà, per avere un gusto deciso ed equilibrato.
Dissalare bene il pesce
Mettere a bollire l’acqua in una capiente pentola, senza sale.
Quando raggiunge l’ebollizione, mettere le patate sbucciate e tagliate a pezzi.
Quando le patate sono quasi a fine cottura, mettere il baccalà nella stessa pentola per farli insaporire insieme.
Scolare il tutto e rimettere patate e baccalà nella stessa casseruola. Versare l’olio e “brandare” con un cucchiaio o senza strumenti, come si faceva anticamente, il tegame.
Amalgamare il tutto fino alla sua mantecazione e fino a renderlo una crema.
Risultato: Un purè di mare molto saporito, ricco e confortante.
Buon appetito!