L'acqua è il bene più prezioso che abbiamo sul nostro pianeta e del quale usufruiamo ogni giorno.
Da anni ormai viene definita “l’oro blu” per gli innumerevoli benefici e servizi che garantisce non soltanto all’essere umano ma anche all’intero ecosistema: igiene, salute, idratazione, benessere psico-sociale sono soltanto alcune delle innumerevoli proprietà che ci garantisce l’acqua e che troppo spesso diamo per scontate.
Infatti, sebbene l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) abbia riconosciuto il “diritto universale all’acqua” con la risoluzione del 28 luglio 2010, non tutti gli individui hanno il diritto effettivo di poter accedere ad acqua pura e in quantità sufficienti.
L’oro blu difatti non ha soltanto un valore vitale, ma anche economico e di conseguenza un costo da fronteggiare che non tutti i paesi del mondo possono affrontare.
La water economy e i paesi con acqua potabile
L’acqua è al centro di quella che si definisce “water economy” cioè una vera e propria scienza che studia le modalità di gestione delle risorse idriche che vengono impiegate per soddisfare i bisogni umani senza danneggiare troppo l’ecosistema.
Se da un lato lo sviluppo dei centri urbani e la crescita demografica richiedono un quantitativo d’acqua ogni anno superiore, dall’altro la disponibilità effettiva di acqua utilizzabile diminuisce pericolosamente. Anche e soprattutto a causa dell’azione umana.
Cambiamenti climatici, inquinamento delle falde, sprechi e cattiva gestione d’acqua sono tutti fattori che rendono sempre più limitato il nostro oro blu, soprattutto in riferimento all’acqua potabile o davvero utilizzabile dall’essere umano.
Privatizzare l’acqua: cosa significa
Privatizzare l’acqua può avere più di un significato:
- Nel primo caso con il termine “privatizzazione dell’acqua” si intende la creazione di diritti di proprietà privata sul bene e di conseguenza la possibilità di compravendita delle risorse idriche come per qualsiasi altro bene. Il privato diventa quindi proprietario di un bene pubblico.
- Nel secondo caso invece, i servizi legati all’acqua come estrazione, raccolta e distribuzione, vengono affidati ad un privato che non possiede quindi la risorsa in sé ma si occupa soltanto della sua gestione.
- Il terzo modello prevede infine il finanziamento di infrastrutture e servizi a carico di privati, senza privatizzazione né del bene in sé né delle strutture. In questo modo è possibile far fronte ai problemi come mancanza di fondi e ritardi nelle tempistiche di costruzione, tipicamente legati alla finanza pubblica.
Quanto costa l’acqua in Italia?
In Italia il servizio idrico non è privatizzato: le reti idriche infatti sono di proprietà pubblica ed è vietata la loro vendita a soggetti privati.
La percezione comune è spesso quella di pagare un prezzo troppo elevato per il servizio offerto, eppure le famiglie italiane spendono ogni anno centinaia di euro per bere acqua in bottiglia nonostante vivano in comuni dove la qualità dell’acqua dal rubinetto sia eccellente.
Ma quanto costa effettivamente l’acqua nelle città italiane? Secondo la Confederazione della Nazione Umana Unita (C.N.U.):
“ Milano paga solo 0,40 euro al metro cubo (il 77 per cento in meno rispetto alla media globale): la tariffa più bassa delle città europee. Un prezzo caratterizzato dall’ampia disponibilità della falda e dall’ottima gestione dei gruppi milanesi MM e Gruppo Cap. La città più cara? Firenze, dove un cittadino arriva a pagare 1,90 euro per ogni metro cubo. Al Sud è Napoli, con un costo medio di 1,29 euro, a presentare la bolletta più salata. Ma secondo fonti che abbiamo potuto raccogliere, la media italiana è di circa 2,08 euro per metro cubo, a causa dei costi più alti di gestione soprattutto al Sud e nelle aree rurali e montane dove la manutenzione dell’infrastruttura ha tariffe più alte. In ogni caso la media italiana si ferma a poco più della metà rispetto alla tariffa francese pari a 3,67 euro/m3 e il 40 per cento di quella tedesca di 4,98 euro/m3.”
L’acqua in bottiglia e il primato negativo dell’Italia
Se da un lato il costo economico dell’acqua potabile proveniente dalla rete idrica in Italia viene percepito come “troppo elevato”, dall’altro non viene considerato, purtroppo, l’effettivo costo dell’acqua in bottiglia, sia in termini di denaro che ambientali.
L’italia è il primo paese in Europa per il consumo di acqua minerale in bottiglia con una media di 200 litri pro capite annui, contro i 118 litri del resto d’Europa.
Mentre in zone come la Norvegia o gli Stati Uniti l’acqua in bottiglia ha un costo rilevante per i consumatori, nel nostro paese i prezzi sono i più bassi al mondo e incentivano perciò un maggiore consumo e spreco di plastica.
Secondo la CNU “a livello globale si consumano circa otto miliardi di bottiglie di plastica ogni anno (di cui solo un terzo riciclabile), il 17 per cento del totale in Europa, con una fetta rilevante proprio dell’Italia.”
Un primato che non fa certo molto onore al nostro paese.
Confronto tra costo acqua in bottiglia e acqua da rubinetto
Spesso e volentieri la differenza tra il costo dell’acqua in bottiglia (il cui prezzo è ben esposto al supermercato) e il costo a litro dell’acqua del rubinetto di casa non è molto chiara o nota a tutti.
Secondo i dati delle rilevazioni dell’Istat:
“in termini di costo unitario (euro/litro) la spesa mensile sostenuta dalle famiglie per l'acquisto di acqua minerale è circa 6 mila volte superiore a quella fatturata per uso domestico”.
Infatti, mentre un litro d’acqua dal rubinetto delle nostre case costa € 0,0012, un litro d’acqua imbottigliato al supermercato costa mediamente € 0,15, se non di più a seconda della marca scelta dal consumatore.
L’acqua in bottiglia costa quindi il 6.335% in più rispetto a quella della rete idrica pubblica.
Ognuno di noi può intuire facilmente quanto si potrebbe risparmiare in termini economici ed ambientali preferendo una risorsa pubblica e che è già presente nelle nostre abitazioni, rispetto all’acqua in bottiglia, che nasconde dietro di sé molto più di una semplice confezione.
I costi che si pagano in questo secondo caso infatti non si riferiscono tanto all’acqua quanto al materiale per la produzione delle bottigliette e al loro trasporto.
Si incentiva insomma un business milionario dove aziende private utilizzano un bene pubblico e accessibile per venderlo ad un valore estremamente più alto.
Conclusioni
Molte persone continuano a scegliere acqua imbottigliata sprecando grandi quantità di plastica perché la ritengono più sicura e con un gusto più buono rispetto a quella del rubinetto di casa, nonché il vantaggio di poter scegliere tra gasata e naturale.
Tuttavia gli erogatori d’acqua moderni sono già in grado di assicurare acqua buona e di qualità direttamente dal rubinetto e permettono di scegliere anche la tipologia di acqua preferita tra naturale, frizzante, temperatura ambiente o fresca.
Inoltre, se i soldi impiegati per l’acquisto di bottiglie di plastica venissero indirizzati a rendere più efficiente la rete idrica del nostro paese, sarebbe possibile garantire a tutti i cittadini l’accesso ad acqua pura e in abbondanza e ottenere infrastrutture migliori per il nostro benessere.
Esistono quindi diversi modi per fare scelte più consapevoli dal punto di vista economico e sostenibili dal lato ambientale, partendo proprio dalla nostra casa.