Al giorno d’oggi non è difficile trovare nelle case degli italiani un sistema di filtrazione dell’acqua potabile pensato per offrire un liquido sano da bere e per cucinare. Questa tendenza è sempre di più in crescita non solo per il vantaggio economico ed ecologico di cui beneficia la famiglia rinunciando alle bottiglie in plastica, ma anche per la possibilità di ottenere una bevanda ottima sia dal punto di vista del gusto che da quello della sicurezza.
L’acqua del rubinetto, infatti, è da sempre vista come qualcosa di poco certificato, spesso anche esagerandone i rischi. Tuttavia, benché questa provenga da un acquedotto dove vengono effettuate delle operazioni di purificazione, non sempre è possibile avere la certezza di assumere un alimento sicuro, soprattutto nel caso l’impianto idraulico utilizzi vecchie tubature. Questo è visibile quando è presente un gusto sgradevole o un alto grado di torbidezza, problematiche che risultano sgradevoli anche solo per il consumo.
Per tenere alla larga metalli ferrosi, calcare e batteri si può scegliere fra i tre principali metodi di filtrazione dell’acqua potabile: vediamoli insieme.
Microfiltrazione: un metodo sicuro per eliminare il cloro in eccesso
Incominciamo con il metodo più “soft”, ovvero la microfiltrazione. La definizione che ne abbiamo dato non deve trarre in inganno: i filtri di questo tipo non sono affatto inefficaci, ma agiscono principalmente solo su alcuni componenti dell’acqua potabile come il cloro e i batteri. Il primo è una sostanza che si trova in abbondanza negli acquedotti per impedire la proliferazione dei secondi: spesso, però, può donare un gusto sgradevole al liquido.
Per questo motivo vengono utilizzati due filtri per la microfiltrazione, il primo dove l’acqua deposita le impurità più grossolane, e il secondo a carboni attivi dove viene inglobato il cloro liberandosi così dalla presenza eccessiva di questo sale, per poi passare attraverso un sistema di sanificazione UV che non lascia campo libero ai batteri. Risultato? Un’acqua potabile con un gusto leggero e una totale mancanza di micro organismi. Tuttavia, non vengono tenute lontane tutte quelle sostanze di origine chimica come i pesticidi o i metalli come il ferro.
In poche parole, la microfiltrazione va benissimo per quelle zone dove si gode già di un liquido di buona qualità, magari nei paesi situati lontani dalle zone più inquinate come grandi città o aree pianeggianti.
Ultrafiltrazione: come liberarsi degli inquinanti chimici
Questa tipologia utilizza due filtri come la tecnica che abbiamo visto sopra, uno a carboni attivi per liberarsi del calcare e un secondo a membrana dove sono presenti delle porosità molto piccole fra i 0.01 e 0.1 micron (per fare una veloce comparazione una particella di polvere ne misura ben 25): in questo modo si possono eliminare tutte le sostanze chimiche e i batteri pericolosi per la salute umana.
Non per niente la tecnica dell’ultrafiltrazione viene scelta non solo per ottenere dell’acqua potabile buona e sicura, ma anche per sgrassare il liquido di lavaggio di vasche e docce rendendolo potenzialmente meno irritante per la pelle. Uno dei punti di forza dei filtri a ultrafiltrazione è la comodità di non utilizzare alcun tipo di disinfettante, soluzione che porta sollievo a chi, per motivi di salute o anche solo per una questione di gusti, è ipersensibile a certe sostanze.
Osmosi inversa: una soluzione completa
Metodo molto diverso da quelli che abbiamo visto finora, l’osmosi inversa consiste in un processo dove l’acqua potabile viene fatta passare attraverso una membrana senza, però, ottenere quella che si potrebbe chiamare filtrazione, ma una vera e propria separazione. Se tutti gli altri filtri sono dotati di una sola entrata e una sola uscita, infatti, questi particolari dispositivi sfruttano un’entrata e due uscite per ottenere un liquido puro al massimo.
Una di queste uscite è per l’acqua pulita, che può essere erogata senza batteri, metalli ferrosi, sostanze chimiche o calcare; l’altra, invece, è per togliere quella che rimane sporca con tutte le impurità del caso. Utilizzare un filtro a osmosi inversa, dunque, vuol dire non solo disfarsi in maniera efficace di tutto ciò che è sgradevole o addirittura potenzialmente pericoloso, ma anche sfruttare un elemento che non si intasa e può durare anche due anni, al contrario dei prodotti di micro e ultrafiltrazione che vanno cambiati spesso e diventano meno efficienti con il tempo. Molte famiglie fra tutte le metodologie che abbiamo incontrato preferiscono questa perché si basa su un principio naturale: il nostro stesso corpo funziona in questo modo e tutti i tipi di cellule si passano nutrienti agendo tramite una membrana osmotica.
A prescindere dal tipo di depurazione che si vuole adottare installare un sistema di filtri è il modo migliore per consumare dell’acqua pura che non risentirà degli agenti esterni che molto spesso sono presenti per cause al di fuori del nostro controllo: un motivo in più per scoprire il piacere di idratarsi in tutta tranquillità.
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